Villas-Boas e Marìas come liberarsi del mito di Mourinho – di Gianni Mura (Sette giorni di cattivi pensieri)

Se non sei Mourinho, l’ uno-due ti stende. Se sei Mourinho, fai finta di niente. In due giorni, Andre Villas-Boas e Javier Marìas affondano i colpi. Con distacco il primo, per molti anni (anche all’ Inter) collaboratore di Mourinho prima di essere chiamato ad allenare il Porto. Appena vinta l’ Europa League l’ ha dedicata a Guardiola. «L’ ho incontrato in febbraio, è stato coinvolgente», dichiara alla Gazzetta. E aggiunge: «Mi sono sempre ispirato a lui, sa continuare lo stile del grande Barcellona di Rinus Michels». Con distacco, Villas-Boas, perché Mourinho non lo nomina mai e del resto se vuole staccarsi dall’ ombra di Mourinho questa operazione di sganciamento prima o poi deve farla. Dedicare la coppa a Guardiola è qualcosa di più, però. <Neanche il tempo di pensarci su che cala il carico da undici Javier Marìas, uno dei massimi scrittori spagnoli, candidato al Nobel e tifoso del Real tanto quanto Vasquez Montalban lo era del Barcellona. Avevo letto qualche riga su alcuni quotidiani mercoledì, ma il virgolettato si riferisce al Corsera di giovedì. Mourinho è dipinto come «uno sciamano da fiera, un piagnone che accusa sempre gli altri, un individuo dittatoriale, pasticcione e irritabile. Mi rovina perfino la gioia della vittoria». Ai giocatori, «schiacciati da un regime di terrore«, chiede di comportarsi «in maniera brutale e disonesta». Marìas tifa Real da quando non aveva ancora compiuto nove anni. Lo vide in tv vincere la sua quinta Coppa dei Campioni a Glasgow, battendo 7-3 l’ Eintracht Francoforte. Quattro gol Puskas, tre Di Stefano. Che, essendo stato un grande giocatore, non lega molto con Mourinho, come Valdano del resto. Marìas, ma è difficile credergli, sta addirittura pensando di cambiare tifo. «Sono disgustato dall’ immagine che l’ allenatore sta dando del mio Real. Sono indeciso tra l’ Athletic Bilbao, la Real Sociedad o l’ inimmaginabile: l’ Atletico Madrid». Non ho sottomano il testo originale, ma sospetto che «sciamano da fiera» da noi possa suonare come «imbonitore da sagra». Sia come sia, adesso che Mourinho ha assaggiato prima l’ Inghilterra, poi l’ Italia e infine la Spagna, sarei curioso di sapere se non rivaluti in cuor suo la stampa italiana, così prodiga di coccole a prescindere.

Dai giornali ai libri. Eccone uno appena arrivato: “L’ utopia calcistica dell’ Athletic Bilbao” di Simone Bertelegni (ed. Bradipolibri, 208 pagine, 16 euro). L’ utopia è impiegare solo calciatori baschi, è considerare pubblicità o sponsorizzazione anche la scritta “Euzkadi” sulla maglia. Un altro, una storia di sesso e doping: “Quarto tempo”(ed. Aliberti,236 pagine, 16 euro). L’ ha scritto Claudio Gavioli, medico sportivo in varie squadre, tra cui il Modena. Un altro ancora: “La partita” di Stefano Ferrio (ed. Feltrinelli, 204 pagine, 15 euro), romanzo pervaso da un’ epica da poveracci, da non professionisti del pallone, con una partita che vale la finale del mondiale e dove si sente il respiro del vero calcio (a volte viene il dubbio che sia questo). Per finire col calcio, “La vita disperata del portiere Moro” (ed. Isbn, 119 pagine, 14 euro). L’ ha scritta nel ‘ 65, dieci puntate sul Corriere dello Sport diretto da Antonio Ghirelli, Mario Pennacchia. Ora è ripubblicata ed è un libro da scuola di giornalismo: una lunga intervista a un uomo disperato, un grandissimo portiere rovinato dalla fama di vendipartite.

Dal calcio al ciclismo. Il primo romanzo di Otello Marcacci, “Gobbi come i Pirenei”(ed. Neo, 285 pagine, 15 euro) è riassunto in copertina come «storia d’ amore ironia ciclismo anarchia». Con qualcosa di beffardo e picaresco, aggiungerei, e comunque uno che nel risvolto di copertina ammette di scrivere «perché crede di avere un lunapark nel cuore e vorrebbe tutti i suoi amici a farci un giro» va incoraggiato e rispettato. La generosità prima di tutto, a modo suo evoca anche un Tour de France, il resto si vedrà.

Infine, «Tutta mia la città” di Roberto Peia, giornalista e ambientalista. La passione per la bicicletta l’ ha portato a fondare insieme a due amici l’ Ubm (Urban bike messengers, e dagli con l’ inglese), prima società di corrieri in bicicletta nata a Milano. Che non è notoriamente città ideale per i ciclisti. Peia tiene un diario quotidiano delle sue uscite, avventure e disavventure, sole e pioggia, e si fa leggere volentieri (ed. Ediciclo,206 pagine, il prezzo non lo so perché me l’ hanno regalato ed è cancellato). La prefazione è di Chris Carlsson. <Milano, per una settimana almeno, ce la fanno passare per inadatta soprattutto a Pisapia. Anagrammando il solo cognome, si ottiene un imperativo impossibile (sii papa) e un ottativo impossibile (sia Papi). Sembrava impossibile che potesse diventare sindaco, invece no. Anche se contro la speranza di molti si mobilitano le vecchie armi, paura e menzogna, oggi forse un po’ logorate dall’ uso e abuso. Milano è dipinta come futura Zingaropoli dai manifesti leghisti. Al presente, occhio, non è Pirlopoli.

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